Il 25 novembre con Matteo Tomé
Prendete una saponetta di Marsiglia, annusate il profumo, strofinatela sui vestiti o tra le mani: che sensazioni vi provoca? Sensazioni di pulizia, di ordine.
Inizia così, con questa attività pratica e con il successivo brainstorming, un momento di incontro e di riflessione sulla Giornata della violenza contro le donne, giudato da Matteo Tomé, alunno della 2A Classico dell’Istituto Balbo, che ha accettato la sfida di sensibilizzare i suoi compagni.
Appassionato d’arte, competente e volenteroso, lunedì 25 novembre nell’aula magna del Lanza, Matteo ha guidato alcune classi (la 3A Linguistico, la 2B Scienze Umane e la sua 2A Classico) in un percorso tra arte, dati numerici e problemi di attualità. Per lui «Tenere questa conferenza è stata una sfida, perché si tratta di una tematica delicata e spesso banalizzata, ma anche un'opportunità: sensibilizzare sull'argomento senza che fossi io a parlarne, ma lasciando il compito all'arte. L'arte, con il suo linguaggio fatto di volti, colori e silenzi, riesce infatti a trasmettere tutto quello che una donna sopporta, che una donna non dice, facendoci assumere una rinnovata prospettiva sulla questione della violenza di genere.»
La sua presentazione, corroborata da slide, video, immagini e contenuti multimediali, è partita proprio dal commento di “Rape”, l’opera provocatoria dell’artista Elisabetta di Maggio, che Matteo aveva già avuto modo di spiegare ad ottobre durante le visite guidate alla mostra diffusa Panorama a Vignale: un’opera da annusare prima ancora che da guardare, un tappeto di seicento saponette, che evocano una sensazione di pulito; ma su ognuna di esse l’artista, con un lavoro manuale durato alcuni anni, ha inciso le parole “sudore, saliva, sperma, sangue, urina”, i liquidi che una donna si trova addosso dopo uno stupro; e se questi liquidi si possono lavare con un colpo di sapone, non altrettanto facilmente si possono lavare i traumi, fisici e psicologici.
Ma la violenza sulle donne non è soltanto fisica, non consiste unicamente negli stupri e nei femminicidi. Violenza è anche ridurre una donna al silenzio: i dati statistici sulle violenze di genere, ad esempio, non sono realistici, perché sono ancora molte le donne che non denunciano per paura. Riduzione al silenzio, però, è anche impedire ad una donna di esprimersi, di manifestare i suoi talenti, di coltivare i suoi sogni, di fare le sue scelte. È ridotta al silenzio ogni donna succube di un uomo che le impone chi frequentare, che cosa fare o non fare. In simili casi, il matrimonio o la relazione di coppia diventano una gabbia soffocante, che la donna sopporta ma che la svuota interiormente.
Tutto quello che una donna sopporta in silenzio si vede nell’arte, e le opere che Matteo ha scelto hanno proprio lo scopo di dar voce a tante situazioni reali di sottomissione: un “viaggio” che le classi hanno apprezzato per la possibilità di confrontarsi con artisti contemporanei, non inclusi abitualmente nei programmi scolastici. Come la serie “Seul le silence”, che rappresenta parole sempre più stilizzate fino a ridursi a linee e punti; o “Soliloquio”, una serie di sagome femminili dipinte con colori scialbi, a simboleggiare la noia; o “Emma”, il ritratto di una donna che sorregge in equilibrio dei bastoncini quasi invisibili; o “Saks”, una serie di composizioni realizzate con gambe di tavoli e di sedie avviluppate in lenzuola bianche, da cui cercano di liberarsi; o “Lo que contaba la abuela”, una serie di ritratti e gigantografie di famiglia che fanno riflettere sul caso dei matrimoni combinati.
Ma di fronte a questi drammi, che cosa possiamo fare noi? C’è il rischio di sentirsi impotenti. Anche giornate come quella del 25 novembre potrebbero risultare inutili; ma, come disse Wislawa Szymborska: "Qui niente sembra cambiato, eppure tutto è mutato". Le forze dell’ordine, i centri antiviolenza, i numeri telefonici di pronto intervento devono fare la loro parte; ma un ruolo fondamentale è svolto dall'educazione: modificare il “male gaze” nel mondo delle comunicazioni e dello spettacolo, passare da “proteggi tua figlia” a “educa tuo figlio”.
Anche Matteo è consapevole che il suo intervento potrebbe non fare la differenza nel panorama generale. Da questa esperienza ha imparato che «sensibilizzare è importante, ma dipende anche dalla nostra sensibilità; e i ragazzi della mia scuola hanno dimostrato di averne parecchia, ascoltando con interesse e incuriosendosi delle opere contemporanee approfondite.»