Si sono svolti a scuola una serie di incontri sponsorizzati dalla fondazione San Paolo nell’ambito del Progetto Diderot, aventi come argomento l’astronomia. Hanno partecipato le classi prime dei licei scientifico, classico e linguistico. I relatori sono stati il Dottor Davide Cenadelli e il Dottor Lorenzo Pizzuti, astronomi dell’Osservatorio di Lignan in Valle d’Aosta, gestito da una fondazione che promuove la diffusione della cultura scientifica e della ricerca a chilometro zero.
Si è parlato della vita delle stelle: una stella neonata si chiama protostella, essa inizia a brillare quando nel suo nucleo viene raggiunta una temperatura di milioni di gradi sufficiente a far partire le reazioni di fusione termonucleare e essa diventa una vera e propria stella quando raggiunge l’equilibrio idrostatico, ovvero il corretto bilanciamento tra gravità e pressione del gas. Un altro Il destino delle stelle si compie quando termina l’idrogeno : all’uomo basterebbe un grammo di idrogeno per avere energia sufficiente a mandare in orbita lo Shuttle. Per questa ragione si sta cercando di controllare la reazione di fusione nucleare sulla Terra, anche se finora è stata utilizzata solo per le bombe. Se potesse essere gestita meglio, si potrebbe produrre una quantità di energia tale da soddisfare il fabbisogno dell’umanità probabilmente per sempre.
I ricercatori, hanno poi condotto un dibattito coi ragazzi sui vantaggi e svantaggi delle centrali: in realtà esse, se controllate possono rappresentare un’ottima alternativa ai combustibili fossili, perché meno inquinanti.
Con il tempo le stelle, oltre ai già presenti idrogeno ed elio, hanno creato materiali più pesanti. In pochi miliardi di anni tutti gli elementi della tavola periodica passarono dal nulla a rappresentare una quantità piccola ma più che sufficiente per formare molecole complesse, fino alla nascita della vita. Ogni atomo del nostro corpo, quindi, è stato creato nel nucleo di qualche stella ormai estinta, in chissà qualche parte dell’Universo e in qualche tempo lontanissimo, quindi noi siamo, come recita la canzone “Figli delle stelle”..
Infine si è parlato di buchi neri: da esso non c’è alcuna probabilità di uscire. Sappiamo inoltre che l’uomo non è (ancora) riuscito ad esplorare altri Universi, pertanto non ci sono prove che attestino che la Terra e il nostro Universo non siano contenuti all’interno di un buco nero e che tutti gli sforzi per esplorare altre parti dello spazio siano vani perché non possiamo uscire da dove ci troviamo. I buchi neri infatti possono essere di due tipi: piccoli e grandi. I buchi neri di piccole dimensioni hanno una forza attrattiva molto forte e sono dotati di un altrettanto forte forza di marea, perciò tutto ciò che viene risucchiato al loro interno viene “spaghettificato”. I buchi neri di grandi dimensioni invece permettono ai corpi che entrano dentro di restare integri però senza alcuna possibilità di uscire una volta entrati.
Grazie ai relatori per l’interessantissima esposizione sia per gli appassionati che per i “profani”
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