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Emergenze ambientali in Monferrato

Testimonianze in ricordo di Angelo Mancini

Morto il 2 aprile 2021, il dottor Angelo Mancini, 68 anni, era specializzato nella Medicina del Lavoro, ma soprattutto era stato tra i pionieri della lotta all’amianto nel territorio del Monferrato. Il suo contributo era stato fondamentale soprattutto per le bonifiche. Sono infatti di Mancini i protocolli per ripulire le aree contaminate dalla cosiddetta fibra killer. Mancini era stato responsabile dello Spresal ma anche consulente del pool di Guariniello al maxiprocesso Eternit.

Il Dottor Mancini fu :

·         Attivo nel redigere l’ordinanza di divieto dell’uso dell’amianto a firma del Sindaco Riccardo Coppo.

·         Estensore delle procedure da seguire per la rimozione delle lastre di amianto, riprese dalla legge nazionale del 1992

·          Tenace costruttore delle modalità di rimozione del polverino, che riuscì per primo al mondo a concretizzarne il modello, tuttora utilizzato ovunque.

·         Estensore di progetti approvati dai Comuni del casalese mirati ad acquisire finanziamenti statali e regionali.

·         Responsabile del Centro Regionale Amianto alla sua attivazione da parte dell’ASL AL.

·         Collaboratore del Comune di Casale Monferrato nelle varie fasi delle bonifiche, prima degli ex magazzini e poi nello Stabilimento Eternit.

 Il Dottor Leporati lo ricorda impegnatissimo a fornire a molto professionisti del territorio tutte le informazioni necessarie per le modalità di stesura dei progetti di rimozione dell’amianto.

Ma soprattutto fu gravoso per lui l’impegno di consulenza di Guariniello durante il processo Eternit, periodo talmente impegnativo da minare la sua salute. Fu infatti sottoposto ad un difficile intervento 10 anni fa in Cardiochirurgia ad Alessandria, che lo costrinse ad un precoce pensionamento.

Angelo Mancini, esempio e metodo nell’affrontare le emergenze ambientali in Monferrato

Il 2 aprile 2021 moriva Angelo Mancini, conosciutissimo a Casale dove ha svolto la professione legando intelligenza, impegno e precisione soprattutto alle bonifiche di amianto. Non soltanto ne fu uno dei pionieri, ma, forte di una approfondita esperienza e consapevole della estrema pericolosità della fibra, fu inventore di inediti protocolli (poi adottati a livello nazionale e internazionale) per rimuovere in sicurezza l’amianto. Chi l’ha conosciuto l’ha apprezzato moltissimo non soltanto per la sua competenza, ma anche per il modo con cui sapeva proporla: con umiltà, pacatezza e grande capacità di fare squadra.

Il suo ruolo si identificava così profondamente con la lotta all’amianto che divenne, suo malgrado, anche uno dei bersagli (insieme ad alcuni politici e rappresentanti di istituzioni casalesi) di una veemente campagna denigratoria: la decisione di rilanciare il quartiere Ronzone con l’attivazione di servizi primari aveva prodotto, a metà del primo decennio del Duemila, spaccature in città e incontrato ostilità da parte di chi riteneva azzardato progettare la costruzione di una scuola materna in un’area dove, per tanto tempo, c’erano stati accumuli di amianto. Benché Mancini fosse un tecnico e, quindi, non deputato a scelte strategiche sull’utilizzo degli spazi cittadini, il suo coinvolgimento sulle analisi di quell’area gli attirò inimicizie occulte. Quando ricevette una busta contenente polvere d’amianto, diede immediatamente l’allarme, impedendo che altri destinatari delle criminali missive potessero essere contaminati. E si fece personalmente carico dell’analisi di quella misteriosa (non tanto) polvere. L’episodio fu oggetto di indagini della procura.

Ora, a un anno dalla morte, è stato organizzato un evento per ricordare il dottor Mancini come protagonista di una tenace difesa dell’ambiente casalese: sabato 2 aprile, dalle 9, nell’Aula Magna dell’Istituto Superiore Cesare Balbo, si terrà un incontro pubblico dal titolo: «Angelo Mancini e le emergenze ambientali nel Monferrato casalese».

Spiega Massimo Leporati, amico e collega di Mancini, ora portavoce del gruppo promotore del convegno al Balbo: «Le testimonianze saranno esposte da colleghi ed interlocutori di altri enti, che hanno collaborato con Angelo, in particolare in occasione dell’inquinamento dell’acquedotto di Casale Monferrato nel 1986, con la successiva costruzione del nuovo acquedotto, da Casale a Valenza».

Si parlerà anche di «inquinamento derivante dalla lavorazione dell’amianto a Casale Monferrato e sull’opera di bonifica tenacemente condotta da Angelo Mancini, dalla predisposizione dell’ordinanza di divieto d’uso del 1987, alla bonifica dei magazzini Eternit, alle sperimentazioni di bonifica del polverino, fino alla bonifica dello stabilimento, partendo dai primi progetti di ricerca “Cemento-Amianto”, e dagli studi epidemiologici, comprese le modalità con cui il Comune di Casale è riuscito ad ottenere i finanziamenti necessari alle bonifiche, su cui la stretta collaborazione di Angelo è stata determinante».

Partecipano: Giampiero Bertolone, Mario Botta, Corrado Magnani, Giovanni Mombello, Leandro Novarino, Donata Prosa, Gigi Ricci e Rino Scarola. Coordina gli interventi Francesco Scandiuzzi.

Di seguito, ripropongo il ricordo che avevo scritto, un anno fa, alla morte di Angelo Mancini.

Angelo Mancini, specializzato in Medicina del lavoro, è stato presente fin dagli albori nella lotta all’amianto con colleghi medici, sindacalisti e politici. Ognuno aveva un proprio compito, Mancini, responsabile della struttura di Igiene e Sanità pubblica, si fece carico delle bonifiche. E inventò anche come farle, perché Casale, suo malgrado, ha fatto scuola in questa battaglia non ancora finita. Mancini è stato tra quelli che per primi hanno costruito la trincea, perché l’avevano capito bene quanto fosse micidiale la fibra e criminale la sua incontrollata diffusione. E’ stato tra coloro che hanno studiato, con il sindaco Riccardo Coppo, il testo dell’ordinanza che, prima in Italia, vietava l’uso di amianto nel territorio del Comune di Casale. Fu incaricato di redigere progetti di bonifica, partecipò a convegni, conferenze e prese parte alla prima Commissione nazionale amianto nel 1997. Da Casale era partito con la delegazione composta da Bruno Pesce, Nicola Pondrano, Bruno Castagneto, Daniela Degiovanni per portare a Roma «l’esempio di questa città laboratorio», scrissero i giornali dell’epoca. E’ stato dirigente dello Spresal e primo direttore del Centro Regionale Amianto. Il pm Raffaele Guariniello, con i colleghi Gianfranco Colace e Sara Panelli, lo avevano voluto nello staff di consulenti del maxiprocesso Eternit e, anche quando quelle pagine giudiziarie si conclusero, tornò, con altri colleghi a sedersi dietro i pubblici ministeri nel nuovo filone del cosiddetto Eternit Bis, in cui l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny è accusato di omicidio.
Mai animato da livore, la sua arma erano i dati, frutto di controlli e verifiche puntuali. E, tra controlli e verifiche, Mancini, quando è stato necessario, è intervenuto a gamba tesa, senza tentennamenti. Come accadde nella tarda primavera del 1994. Una porzione dello stabilimento in via Oggero, quella cosiddetta «della plastica», era stata ceduta a privati nell’ambito della procedura fallimentare. Chi l’aveva acquistata si era impegnato a bonificarla prima di assegnarla a qualsiasi nuova destinazione. Ma in che modo veniva fatta la bonifica? Un giorno, un ex dipendente Eternit, passando di lì, aveva notato qualcosa di sospetto e aveva avvertito il Servizio di Igiene e Sanità pubblica. Mancini, sceriffo con la stella del rigore e senza pistola, aveva usato l’arma della legge per bloccare il cantiere seduta stante, mettendolo sotto sequestro. Non erano mancate pressioni e polemiche, ma lui, solo dopo aver controllato, in modo rigoroso, settimana dopo settimana, il ripristino e la messa in sicurezza, aveva concesso il via libera per riprendere l’attività, peraltro controllata a vista.
E quando, nei sottotetti e nei cortili e nei campetti di calcio e degli oratori, fu scoperto il venefico polverino, dovette predisporre il modo per rimuoverlo senza danni mortali. «Non c’era scritto da nessuna parte come fare – confidò un giorno -, perché questa roba l’abbiamo trovata per primi qui a Casale». Questo scarto di produzione, micidiale, fu utilizzato ampiamente come coibentante nei sottotetti o come livellante. Adesso, ovunque il poverino venga alla luce, per bonificarlo in sicurezza si usa il «metodo Mancini», via via affinato con l’esperienza.

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